La santa Barbara dell'esplosivo usata dalle cosche della 'ndrangheta reggina è stata resa definitivamente inaccessibile. I subacquei del gruppo operativo del 'Comsubin' della Marina Militare hanno sigillato, infatti, il mercantile 'Laura C', la nave con un ingente quantitativo di esplosivo nella stiva diventata un deposito a disposizione della 'ndrangheta.
Il mercantile, affondato nel 1941 al largo della costa reggina, davanti Saline Ioniche, è adagiato sul fondale ad una sessantina di metri di profondità. In base ai registri navali risulta che trasportasse 5 mila tonnellate di merci varie, tra cui stoffe, liquori e macchine utensili. Della presenza del tritolo all'interno della nave si è avuto notizia sin dal 1995. La 'Laura C', 150 metri di lunghezza e 20 mila tonnellate di stazza, apparteneva alla società anonima di navigazione 'Italia', con sede a Genova.
Era partita da Taranto ed era diretta a Napoli. Venne affondata nella primavera del 1941 da un sommergibile inglese, ma della sua distruzione si ebbe notizia nei registri navali solo due anni dopo. Una serie di sopralluoghi compiuti dai sub della Marina militare e della polizia di Stato a metà degli anni '90 portarono alla scoperta del tritolo, che le voci dell'epoca quantificarono in 700 tonnellate.
Negli anni scorsi sono state numerose le operazioni durante le quali le forze dell'ordine, su disposizione della Dda di Reggio Calabria, hanno sequestrato ingenti quantitativi di esplosivo provenienti dalla nave. Il prefetto di Reggio Calabria, Claudio Sammartino, ha illustrato le operazioni per sigillare la nave ed ha evidenziato che si è trattato di una attività "difficile e complessa, pianificata per diversi mesi. Nonostante l'intervento risolutivo, l'attività di vigilanza del relitto proseguirà costantemente". L'importanza di aver neutralizzato la santa Barbara della 'ndrangheta è stata evidenziata dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, secondo il quale "abbiamo acquisito un grande risultato".
L'ammiraglio Eduardo Serra, del Comando Marittimo Sud della Marina Militare, e Terry Trevisan, Comandante del Comsubin, hanno evidenziato che "l'attività non è stata facile perché si è lavorato in condizioni molto difficili ad una profondità di oltre 50 metri".
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