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Renzi da Casa Bianca a Pompei, qui l'Italia che cambia

Incontra sindacati Whirlpool, salverò posti. Colloquio con De Luca

"Ho una tesi ambiziosa, quasi arrogante: l'Italia è più interessante nel futuro che nel passato". Suona come una "provocazione", se pronunciata nella cornice degli scavi archeologici di Pompei, ma proprio da lì Matteo Renzi rilancia la sua sfida del cambiamento. Il premier atterra alle pendici del Vesuvio al ritorno da Washington, con una convinzione sempre più radicata dopo il colloquio con Barack Obama: l'Italia può essere protagonista non solo nel promuovere la crescita e gli investimenti in Europa, ma anche nel fornire una risposta culturale a quei terroristi che vogliono "violentare il senso della nostra identità". Perché il nostro Paese è "una superpotenza culturale, forse la più grande. E se in questi anni, un po' addormentata, ha perso il treno della globalizzazione, può trovare in ogni giorno di ritardo accumulato un'ottima ragione per rimettersi a correre". Contro "una burocrazia asfissiante", contro "il benaltrismo elevato a sistema di pensiero", sottolinea Renzi, "io sono qui per cambiare le cose, combattendo l'approccio di una parte del gruppo dirigente del Paese che continua a rassegnarsi, fare l'elenco delle lamentazioni, ma poi non cambiare".

Certo, i problemi ci sono, ammette il presidente del Consiglio. E come negarlo, se nel casertano rischiano il posto 890 lavoratori della Whirlpool-Indesit. Un gruppo di operai aspetta il premier davanti all'ingresso delle rovine pompeiane per chiedere il suo aiuto. E lui si impegna, con i sindacati, ad aprire un tavolo e intervenire con forza con i vertici dell'azienda americana per non perdere neanche un posto. Perché di fronte ai "tanti problemi" l'approccio, "testardo e tenace", è "risolverli". Ma c'è chi critica l'approccio. Come Pier Luigi Bersani, che punta il dito contro il 'modello americano' dei rapporti sociali che è alla base del Jobs act. Si sarebbe dovuto piuttosto puntare a "somigliare" alla Germania, sostiene l'ex segretario, che vede nel progetto di Sergio Marchionne per il contratto Fca il rischio di una "pericolosa disarticolazione del sistema". E chissà se a queste critiche si può applicare la risposta che Renzi usa dal palco di Pompei per replicare a chi attacca Expo: "Ringraziamo i commentatori perché si può sempre far meglio, ma io sono qui per cambiare le cose". Intanto a replicare all'ex segretario è la vice di Renzi, Debora Serracchiani: "Spiace che Bersani si lasci prendere ancora una volta dal rancore", ormai "è evidente che pur di criticare Renzi si travisa anche la realtà". A Pompei il premier partecipa al terzo appuntamento di Expo idee, con i ministri Dario Franceschini e Maurizio Martina. Perché, spiega dopo aver visitato la villa dei Misteri, "Pompei ed Expo sono rime baciate di un pezzo di strada che riguarda il futuro dell'Italia". Sul futuro si gioca "il derby tra chi gode nel fare l'elenco dei problemi e chi gode nel risolverli". Perché tanto resta da fare, anche se il premier rivendica di aver "rottamato l'espressione 'non ce la faremo mai'". A Pompei, con i 105 milioni di investimenti che ne fanno "paradigma del futuro del Paese".

E all'Expo di Milano, che punta a vendere "20 milioni di biglietti" ed è "una gigantesca opportunità". Domani il leader del Pd aprirà ufficialmente il suo tour elettorale in vista delle amministrative di maggio, con tre tappe a Mantova, Mestre e Sanremo. Il derby tra 'disfattisti' e 'risolutori' si annuncia come uno dei temi della campagna. Ma a Pompei risuona l'eco delle polemiche che attraversano il Pd campano, a partire dai casi di Giugliano ed Ercolano, dove infinite polemiche si è deciso per il commissariamento del partito locale. Renzi non si lascia trascinare nelle questioni locali, anche perché - sottolineano i parlamentari Pd - è a Pompei da premier, non da segretario. Ma concede una lunga chiacchierata con il candidato alla presidenza della Regione, Vincenzo De Luca. Un incontro "cordialissimo", che allontana ogni ombra dal candidato e impensierisce il centrodestra campano. Perché Stefano Caldoro nei sondaggi è ancora avanti, ma - spiegano i suoi - il Pd, grazie alla trazione di Renzi, può diventare davvero forte.

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