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Donna decapitata con mannaia. Leonelli andò in Israele ma fu respinto

Vittima decapitata quando era già morta. E' stata raggiunta da oltre 40 coltellate, tra cui alcune anche al volto

E' stata una coltellata al petto, che ha interessato un polmone ed il cuore, a provocare la morte di Oksana Martseniuk, l'ucraina decapitata domenica scorsa a Roma. Le maggior parte delle ferite da arma da taglio trovate sul cadavere, secondo quanto accertato dal medico legale, sono state provocate dal disperato tentativo di difesa della donna.

Federico Leonelli avrebbe usato due coltelli, uno grande e uno piccolo. Il particolare emerge da quanto accertato dal medico legale durante l'autopsia e avvalora l'ipotesi iniziale dell'uso di un grosso coltello, una sorta di mannaia, per decapitare la donna dopo averla uccisa e poi minacciare gli agenti di polizia che hanno reagito uccidendolo. Non sono state trovate tracce di violenza sessuale. Tuttavia l'uomo ha continuato a pugnalare la vittima anche dopo che era morta. Secondo gli esperti l'uomo aveva "particolare dimestichezza" con i coltelli visto che ha "decapitato completamente la vittima in pochi minuti".

Non sono emersi legami tra Federico Leonelli e altri omicidi irrisolti. E' quanto risulta dalle indagini svolte dalla Procura di Roma. L'ipotesi investigativa era emersa nei giorni scorsi ma non ha trovato riscontro nelle indagini effettuate sul 35enne.

A Leonelli fu diagnosticata, quando era ancora adolescente, una patologia psichiatrica. A parlare di questa e di altre circostanze con il pm che indaga sui fatti dell'Eur è stata Laura Leonelli, sorella di Federico, che al magistrato ha consegnato anche una documentazione medica riguardante il fratello. "Mi sono rivolta a strutture pubbliche - ha dichiarato al termine del colloquio in procura - mi dicevano che le mie sollecitazioni non potevano essere accolte, secondo quanto previsto dalla legge, se non in presenza di una grave patologia. Mio fratello alternava momenti di lucidità ad altri di squilibrio: questi ultimi dipendevano dall'abuso di un farmaco, il "Provigil", che acquistava tramite internet benché lo psichiatra glielo avesse proibito". Durante questi squilibri, Federico farneticava frequentazioni dei servizi segreti e legami con la Nasa.

KILLER USAVA FARMACI RISCHIO ALLUCINAZIONI - Gli psicofarmaci che Federico Leonelli assumeva potevano avere effetti allucinogeni e di ciò gli specialisti che lo avevano in cura lo avevo avvisato. Il particolare emerge dalle indagini che gli inquirenti della Procura di Roma stanno conducendo in merito all'omicidio della colf ucraina e al ferimento mortale di Leonelli. In queste ore la famiglia del killer sta raccogliendo tutto il materiale riguardante il percorso "farmacologico" intrapreso in questi anni da Leonelli e che verrà consegnato al pm Luigi Fede, titolare del procedimento. All'uomo in passato sarebbe stata diagnosticata una forma di schizofrenia che curava con una serie di farmaci. Nelle scorse settimane gli psichiatri che lo seguivano, e a confermarlo è l'avvocato Pina Tenga che assiste la sorella di Leonelli, avevano allertato l'uomo che il "protocollo farmacologico aveva un dosaggio troppo alto".

FEDERICO FU RESPINTO DA ISRAELE. Federico Leonelli cercò di entrare in Israele ma all'aeroporto di Ben Gurion fu respinto dalle autorità che gli hanno interdetto l'ingresso nel Paese per 5 anni. Lo precisa Amit Zarouk, portavoce dell'Ambasciata d'Israele, in merito al desiderio del killer di arruolarsi nell'esercito israeliano.

Le autorità aeroportuali israeliane hanno negato a Leonelli l'ingresso in Israele perché sospettavano che le sue motivazioni per entrare nel Paese fossero "diverse da quelle turistiche" e che l'uomo volesse trattenersi in Israele per un periodo molto più lungo di quello che sosteneva. Lo si è appreso da fonti israeliane che hanno sottolineato che le motivazioni del divieto di ingresso potrebbero essere molteplici. A rendere nota ai media l'intenzione di Leonelli di recarsi in Israele a combattere contro i palestinesi è stato Giovanni Ciallella, il proprietario della villa dell'Eur dove Leonelli ha brutalmente ucciso la donna ucraina che vi lavorava come colf, decapitandola. L'arma del delitto, un coltello, usata dall'assassino e l'abbigliamento militare che indossava al momento del delitto erano stati acquistati su un sito internet israeliano.

Dopo essere stato respinto all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv per motivi di sicurezza Leonelli tornò in Italia e andò all'ambasciata israeliana a protestare. "Sono il nuovo messia, perché non mi avete fatto entrare in Israele?", avrebbe detto, secondo quanto accertato nelle indagini, il giovane che tre giorni fa ha massacrato una colf ucraina a Roma. L'uomo sarebbe apparso in condizioni psichiche precarie già all'aeroporto di Tel Aviv. Aveva un biglietto di sola andata, non seppe indicare una residenza in Israele e per queste ed altre ragioni gli venne negato l'ingresso nel Paese. Quando andò all'ambasciata israeliana a Roma era ormai già fuori di sé e straparlava, secondo quanto riferito.

L'AUTOPSIA DI OKSANA - Dall'autopsia della vittima, Oksana Martseniuk, effettuata al policlinico Tor Vergata, emerge che la donna è stata decapitata dopo la morte. Inoltre Leonelli voleva fare a pezzi il corpo della sua donna e disfarsene. Secondo quanto si è appreso, il killer aveva già pronti dei bustoni dell'immondizia per nascondere il cadavere.

La 38enne ucraina è stata raggiunta da oltre 40 coltellate, tra cui alcune anche al volto . Per i medici il quadro lesivo sarebbe "impressionante".

L'AUTOPSIA SUL KILLER - Leonelli, secondo quanto emerge dalla sua autopsia, è invece morto dopo essere stato colpito da più di un colpo di pistola al torace.

LEGALE LEONELLI, PERCHE' AGENTI NON INDAGATI - "Non c'era modo diverso per fermare quel ragazzo che aveva appena compiuto un gesto così terribile?". E' quanto chiede l'avvocato Pina Tenga, legale della famiglia di Federico Leonelli, il 35enne che domenica è rimasto ferito a morte, perché raggiunto da colpi di pistola degli agenti, dopo che aveva ucciso Oksana Martseniuk, una donna ucraina di 38 anni, in una villa all'Eur. "Non capisco questo attendere da parte degli inquirenti nel procedere all'iscrizione nel registro degli indagati di chi ha fatto fuoco contro Leonelli - prosegue il penalista -. L'iscrizione dal punto di vista procedurale è una iniziativa che va anche a tutela dei poliziotti. In questo modo, infatti, possono nominare un consulente ed essere rappresentati agli atti irripetibili che la procura ha disposto".

LE PAROLE DELLA SORELLA DI FEDERICO - Laura, sorella di Leonelli, ha rivolto a "tutte le persone coinvolte nelle circostanze della morte" del fratello "dove avessero sbagliato, i sensi del mio perdono e della mia famiglia. Possa Dio aiutarci tutti". La donna ha detto di provare "sconcerto, imbarazzo e pena" per il fratello. "L'unico sostegno, in questo tragico momento - ha aggiunto Laura Leonelli - è per me la misericordia di Dio Padre, alla quale affido umilmente mio fratello, la sua povera vittima, i suoi familiari e tutte le persone coinvolte nelle circostanze della morte stessa di Federico".

Laura Leonelli, sorella di Federico, il 35enne che domenica ha decapitato una colf ucraina prima di essere, a sua volta, ucciso dalla polizia, accompagnata dall'avvocato Pina Tenga, si è recata dal pm titolare dell'inchiesta per sollecitare anche una perizia balistica ed, in sede di autopsia sul fratello, l'esame tossicologico. "Le informazioni riguardanti mio fratello - ha concluso - che possano aiutare a svelare la dinamica di questo spaventoso fatto le riferirò come dovuto solo agli organi competenti".

''Abbiamo sparato quando si è lanciato contro di noi, col coltello in pugno. Ci voleva un attimo a raggiungerci. Nessuno di noi due aveva mai fatto fuoco prima d'ora, se non al poligono in allenamento. Michele è anche tiratore sportivo e chiedergli perché mai non abbia mirato alle gambe è superfluo: a due metri di distanza, con la paura di essere uccisi e l'adrenalina a mille non si mira: si spara al bersaglio grosso e basta. Per salvarsi o per salvare altre vite''. Così, in un'intervista a Repubblica, Danilo e Michele, i due poliziotti che hanno fatto fuoco contro Federico Lionelli. ''Era in piedi, nel buio, e rantolava. La donna era già morta ma lui imitava i suoi gemiti. Aveva un coltellaccio in mano, i capelli lunghi, un paio di occhiali protettivi sul viso. Faceva paura, alto quasi due metri, robusto, lordo di sangue.

"Il nostro primo pensiero è stato per il pompiere che, in quel momento, stava forzando la porta. Era chiarissimo che Leonelli si preparava a uccidere chiunque fosse entrato in quella stanza'', raccontano i due poliziotti. Quando la porta si è aperta ''abbiamo urlato al pompiere: via, via, scappa. L'uomo si è avventato contro il pompiere e ha cercato di pugnalarlo. Poi, fulmineamente, è uscito in giardino. C'erano altri vigili, medici, barellieri. Abbiamo gridato a tutti di allontanarsi. Lui si è messo di spalle a un'auto parcheggiata poco distante'', proseguono i poliziotti. ''Urlava: andate via, lasciatemi andare. Siamo avanzati con le armi in pugno fino a quando non c'era nessuno sulla linea di tiro. Abbiamo gridato: butta il coltello, butta il coltello. Un nostro collega si è avvicinato di lato e l'ha colpito col manganello, tentando di disarmarlo. Lui non ha neanche avvertito i colpi''.

 Il questore di Roma Massimo Maria Mazza ha espresso fiducia neI suoi uomini:. "Lavoriamo con la magistratura in piena sintonia per ricostruire l'episodio in tutti i suoi aspetti. Personalmente sono convinto che il personale abbia agito correttamente".

 

GIALLO SUL MOVENTE - Un raptus provocato dal timore di possibili conseguenze legate alla scoperta del possesso di coltelli, come quelli per la pesca subacquea. Potrebbe essere questo il movente. Le indagini, condotte dalla squadra mobile e coordinate dalla procura di Roma, vogliono far luce sull'intera vicenda: molti interrogativi aperti sulla dinamica dell'omicidio della Martseniuk e su quella della successiva morte di Leonelli saranno svelati dalle autopsie. A far luce su quanto accaduto contribuirà anche la perizia balistica.

 

L'SMS DI OKSANA - E l'oggetto dell'sms è stato uno dei temi affrontati dal proprietario della villa, con gli investigatori. A questi avrebbe, tra l'altro, detto: "Non mi sarei mai aspettato una cosa del genere, non avevo sospetti su di lui quando l'ho ospitato e lasciato da solo in casa mia". La follia omicida potrebbe essere stata innescata anche dalla paura di essere mandato via da quella villa che lo ospitava da due mesi dopo la scoperta del piccolo arsenale di coltelli che aveva, e che probabilmente - secondo quanto gli inquirenti stanno verificando in queste ore - l'uomo avrebbe acquistato, insieme ad abbigliamento militare, su un sito Internet israeliano. Il 35enne sembra avesse problemi a restare nella sua casa al quartiere Ostiense, dove viveva con la madre anziana e gravemente malata. Soprattutto da quando due anni fa era morta per una malattia la sua compagna. Da allora, dice chi conosce il figlio di un ex militare alto in grado, era caduto in una sorta di depressione. Gli investigatori hanno accertato che l'aggressione della badante è cominciata fuori dalla villa di via Birmania, all'Eur davanti all'ingresso della taverna. La circostanza, emersa dopo il ritrovamento di una chiazza di sangue davanti alla porta che immette nel locale, sembrerebbe non avvalorare per chi indaga, l'ipotesi del tentato stupro. All'esame degli investigatori anche i tabulati telefonici dei due morti per far luce sui loro ultimi contatti. Al momento non risulta fossero legati sentimentalmente. Il giallo resta.

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