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La ricetta del food blogger: 'Mafia nello slow food? Spaghetti con alici e meno burocrazia'

Intervista al giornalista Luciano Pignataro

Luciano Pignataro è un giornalista del Mattino e noto food blogger. Ecco alcune domande che l'Ansa gli ha rivolto sul tema degli investimenti della mafia nel settore alimentare.

E' sempre più frequente il fenomeno degli investimenti della mafia nei cibi di qualità. Pensa che sarebbe utile rendere obbligatoria una certificazione antimafia per tutti i locali specializzati nello slow food?

Non credo che serva una certificazione antimafia per limitare il rischio. I fatti hanno purtroppo dimostrato che questo documento diventa spesso un ulteriore appesantimento burocratico per le aziende, che può essere facilmente aggirato con società di comodo. La frontiera in questo caso è rappresentata proprio dai consorzi, a cui peraltro è richiesto il certificato, che devono avere maggiori poteri ispettivi e messi in condizione di non essere bloccati dal ministero. C'è stato il caso di un grande produttore di mozzarella a cui il Consorzio aveva tolto l'uso del marchio cheha potuto agire in proroga perchè è bastato fare un ricorso al ministero, ricorso a cui non è stata data risposta per due anni. Dunque serve una semplificazione, più poteri ai Consorzi, meno alla burocrazia locale e statale.

Le agromafie speculano da sempre nel settore della contraffazione alimentare. Esistono prodotti contraffati che riescono ad ingannare il palato e, quindi, ad eguagliare anche nel sapore i veri cibi 'dop'?
L'esperienza insegna che chi è coinvolto in inchieste di mafia fa ottimi vini e ottimo olio. Purtroppo non è la qualità del prodotto finito a determinare se un prodotto è legale o meno. Spesso, anzi, per riciclare soldi l'impresa mafiosa non bada a spese. I rischi sulla qualità sono nella fase di accumulo del capitale, quando cioé si punta a fare reddito in ogni modo con un prodotto a discapito della sicurezza di chi lavora e della qualità. La mozzarella, con i suoi introiti da favola per circa vent'anni, è stato un caso classico. In generale la malavita organizzata lavora e si mette in società sulle economie di vasta scala, spinge a produrre sempre di più in una visione opposta a quella artigianale.

Una ricetta con dei prodotti che le mafie non potranno mai proporre a tavola...
Basta rifugiarsi nel piccolo. Ad esempio lo spaghettone con la colatura di alici di Cetara. Ci vuole troppo tempo per l'uno e per l'altra e si sa che una delle caratteristiche della economia malavitosa è la fretta, l'ansia di guadagnare e riciclare.

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