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Gigi Proietti, uniti per salvare teatro italiano

Gigi Proietti, uniti per salvare teatro italiano

Barbareschi investe 4 mln per Eliseo? Menomale, se ha bisogno...

ROMA, 21 novembre 2014, 06:38

di Daniela Giammusso

ANSACheck

Gigi Proietti - RIPRODUZIONE RISERVATA

Gigi Proietti - RIPRODUZIONE RISERVATA
Gigi Proietti - RIPRODUZIONE RISERVATA

    ''Luca Barbareschi ha 4 milioni di euro da investire nella prima stagione all'Eliseo? Menomale! E che Dio lo assista, perché il teatro evidentemente costa''.
    Sorpreso, ma con i suoi ''migliori in bocca al lupo'', così Gigi Proietti commenta a caldo la notizia dei grandi investimenti annunciati da Barbareschi per il Teatro Eliseo, dopo lo sfratto eseguito dalle forze dell'ordine.
    ''In verità - commenta Proietti in un'intervista con l'ANSA - a noi che leggevamo i giornali, la vicenda dell'Eliseo non è mai stata davvero chiara: gestione, proprietà... Prima si diceva che andava bene, poi erano morosi. Ma è lo specchio della situazione del teatro a Roma e in tutta Italia. I tagli - spiega l'attore, da 10 anni anche direttore dello shakespeariano Globe Theatre di Villa Borghese - sono esecrabili, è vero. Solo con il botteghino il teatro non ce la fa, soprattutto in un momento come questo in cui i prezzi vanno abbassati. La tassazione va adeguata, lo chiedeva già il povero Eduardo, perché veniamo trattati come se il teatro fosse chissà quale business. Ma oltre al grido di dolore generale, invece di lamentarci, io vorrei più informazione fra di noi''.
    ''Il Valle, per dire - prosegue Proietti - ma che ci si sta facendo? Si parlava di grandi progetti per i teatri di cintura: come è andata a finire? Magari sono pieni e non lo sappiamo. Ho letto che al Teatro di Roma molti personaggi faranno una piccola scena a testa. Speriamo venga fuori la situazione che stiamo vivendo. Perché qui, se non ce le diciamo fra noi, chi ce le dice le cose?''. Quindi, prosegue Proietti, ''se Barbareschi oggi ha 4 milioni di euro da investire in una stagione, si sbrighi. Lo appoggiamo tutti. Evidentemente vorrà produrre. Se davvero lo può fare, i miei in bocca al lupo. E se servo per dare una mano, io ci sono, volentieri''. A Roma, come nel resto d'Italia, dice Proietti, la domanda del pubblico, c'è. ''Bisogna però fare delle cose, avere un'idea. Al Valle, qual era il progetto? Come dice Peter Brook, solo l'occupazione non basta. E bisogna dare alla gente il tempo di affezionarsi: al Globe il primo anno avevamo 22 mila spettatori, quest'estate sono stati 56 mila, ma è stata una crescita graduale, conquistata in dieci anni.''. Serve poi la formazione, del pubblico e di chi nel teatro lavora. ''E' un'attività che ha una sua economicità - continua Proietti - A quelli che dicono che se ne infischiano degli incassi rispondo 'beati voi', perché invece io ho campato di quello''. Non solo artisti, quindi.
    ''Servono anche giovani che sappiano come si fa il produttore o il direttore. Cose che però non si imparano con un seminario.
    Quando dirigevo il Brancaccio, avevamo una scuola che durava due anni. Il problema dei laboratori, però, è che se sei un privato ci campi. Ma se sei un ente pubblico non ne ricavi tanta immagine'' E allora, per Proietti è arrivato il momento di ''rivedere la mappa del teatro italiano. Forse quelle poche risorse che abbiamo vanno risistemate, ma in base a quello che realmente fa un teatro, dove si trova, che pubblico ha. Perché qui non siamo all'Est End londinese, che è una vera industria e riesce a tenere uno spettacolo in scena per mesi e stagioni. Da noi se lo proponi per due anni di seguito, ti rispondono: 'ma che ancora quello?'. Dobbiamo poi chiederci che tipo di teatro vogliamo, di produzione o di ospitalità? Perché per anni si è lavorato sulla distribuzione, ma se non produciamo, che cosa facciamo girare?''.
    L'invito urgente di Proietti è dunque ''non dico agli Stati Generali, ma comunque a incontrarci fra di noi che il teatro lo facciamo, per tre giorni, magari a dicembre, a scambiarci informazioni, dirci cosa manca e a buttare giù richieste pratiche. Le istituzione devono seguire le volontà dal basso, ma se noi non le esprimiamo, cosa seguono?''.
   

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