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Dalla follia ad una nuova speranza

Dalla follia ad una nuova speranza

Ospedali psichiatrici giudiziari, si cambia


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Castiglione delle Stiviere si prepara al cambiamento. Parla una delle madri figlicide

di Manuela Correra


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Dal primo aprile, l'Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Castiglione delle Stiviere è ''pronto a 'cambiar pelle', pur mantenendo la propria esperienza e specificità''. Ad affermarlo è il direttore dell'Opg, Andrea Pinotti, riferendosi alla riforma per il superamento di tali strutture, in vigore appunto dal primo aprile.

''Castiglione, che oggi accoglie 160 pazienti di cui 65 donne, si trasformerà, come previsto dalla legge, in 8 Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza Rems, per accogliere i pazienti lombardi'', afferma Pinotti all'ANSA. Cosa cambierà rispetto ad oggi? ''Ci saranno reparti più piccoli, per un massimo di 20 posti letto ciascuno, con un aumento del personale, e si toglieranno le sbarre dalle finestre''. Già oggi, Castiglione è una struttura sanitaria e non carceraria e non c'e' dunque una sorveglianza penitenziaria: ''Faremo degli accordi con la Prefettura per la sicurezza - dice - ma in generale, manterremo il nostro approccio, con tutte le attività interne ed esterne che concorrono all'iter terapeutico dei nostri pazienti''.

Il cambiamento riguarderà piuttosto il rapporto col territorio, chiarisce il direttore, ''che sarà rafforzato, dal momento che le Rems sono regionali ed accolgono pazienti di quella regione puntando anche al reinserimento dei pazienti in quel territorio''. Insomma, pronti ad applicare la riforma, ma con una critica di fondo: ''Ciò porterà ad una parcellizzazione, con Le Rems disseminate sul territorio, e non vi saranno più - conclude Pinotti - poli di specializzazione per patologie''.

La riforma prevede dunque il superamento degli Opg. Al loro posto ogni regione dovrà rendere operative strutture residenziali definite Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza Rems. Le Regioni inadempienti rischiano il commissariamento.

Ad oggi sono 704 gli internati negli attuali sei ospedali psichiatrici giudiziari ancora attivi, di questi circa 250 sono considerati dimissibili al primo aprile ma potranno di fatto essere dimessi solo se vi sarà una presa in carico da parte delle strutture territoriali. Gli altri 450 internati dovranno invece essere trasferiti gradualmente nelle Rems, gestite dal servizio sanitario nazionale, in base alla provenienza, tornando dunque nelle regioni d'origine. I trasferimenti avverranno sulla base di provvedimenti della magistratura e di precisi programmi terapeutici. Ogni Regione è dunque chiamata per legge a rendere operative le Rems, che non saranno più strutture carcerarie in senso stretto ma finalizzate alla riabilitazione dei pazienti internati.

I sei Opg ancora attivi sono localizzati in cinque regioni: Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Campania e Sicilia

'Ho ucciso mio figlio perché volevo salvarlo'

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'Ho ucciso mio figlio perche' volevo salvarlo'
'I miei progetti per il futuro'
'Alla gente dico, non giudicate'

Elena, ecco la mia storia

Madre figlicida racconta la sua storia
Madre figlicida racconta la sua storia - RIPRODUZIONE RISERVATA

''Ho ucciso mio figlio perchè volevo salvarlo''. Seduta sul letto della piccola stanza che divide con un'altra donna nell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, Elena (è il nome di fantasia che ha scelto) appare serena: ha deciso di raccontare la sua storia di madre figlicida anche per essere di aiuto ad altri e per far comprendere che l'atto inspiegabile che ha commesso, e con cui dovrà fare i conti per il resto della vita, è stato il frutto di una patologia che in vari casi può presentare dei 'campanelli d'allarme', da non sottovalutare.

Ha un sorriso timido ed i modi gentili. Consapevole della difficoltà della gente ad accettare una storia così terribile, chiede, quasi come una preghiera, di essere per quanto possibile compresa e non giudicata ''senza appello''.

''Io stavo bene, non davo segni particolari, avevo una famiglia, un lavoro, un marito che amavo e due splendidi bambini - racconta Elena all'ANSA -; purtroppo, in questi casi, non è come avere un taglio, che uno si accorge che sanguina. Sono delle paure e ansie che pian piano montano, che non so spiegare. So solo che, ad un certo punto, ero terrorizzata, come in un delirio, e vivevo nel terrore che mi portassero via i figli, che li violentassero, li torturassero, li trafiggessero con i chiodi. Ero in preda a questa paura immane - continua a raccontare con gli occhi lucidi ma la voce decisa - e io mi ero messa in testa che dovevo salvarli, e l'unica via di uscita era quella di ucciderli. E una mattina mi sono alzata pensando che dovevo dimostrare di essere forte e di farlo''.

In passato, Elena aveva sofferto di depressione, e per questo era anche in contatto con il Centro di salute mentale Csm, ma non si era mai dimostrata violenta:''Non avevo dato segni prima, ho solo cominciato a non dormire la notte. Allora ho avvertito mio marito, che ha contattato il Csm. Mi avevano dato appuntamento per il venerdì, ma non sono andata perchè dovevo lavorare. Il sabato mattina ho fatto una cosa impensabile''.

Negli occhi di Elena c'è l'orrore, un orrore che subito dopo si trasforma però in dolcezza, quando i ricordi legati all'amore prendono il posto di quelli segnati dalla tragedia: ''Ho una figlia, ma mio figlio era una perla, io lo veneravo e lo adoravo più di ogni altra cosa al mondo, era davvero la luce dei miei occhi, era tranquillo, pacifico, per lui avevo un amore assoluto''. Non ci può essere consolazione, ed Elena lo sa, ma sa anche che ciò che è accaduto è, forse, 'più grande' di lei, qualcosa di umanamente imponderabile: ''Non riesco ad accettarlo - dice - non riesco ancora a spiegarmi come ho potuto fare una cosa del genere''.

Poi la svolta, e la tenue speranza che, forse, nonostante tutto era possibile tornare in qualche modo a vivere: ''Sono arrivata qui, dove ho fatto un percorso con tanta sofferenza, paura, senso di colpa, frustrazione, finchè ho cominciato a fare un lavoro con me stessa, aiutata sempre da bravissimi medici, e ad accettare questa cosa. Ad accettare che io non stavo bene''.

Agli altri, ai mariti, alle famiglie, Elena lancia un messaggio: ''Le persone vicine devono stare attente e capire che questo non è un male che si tocca con mano e alle prime avvisaglie bisogna farsi aiutare, sempre chiedere aiuto''. Elena a breve lascerà l'Opg di Castiglione, dove ha scontato la sua pena ed è stata curata. Soffre al pensiero di lasciare medici e amici di tanti anni, ma è pronta a ricominciare: ''So che, un passetto alla volta, posso farcela. Vorrei essere indipendente, ricominciare a lavorare''. Ciò che teme di più? ''Il giudizio impietoso degli altri, che qui - dice - non c'è mai stato''.

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'Curare non è solo dare pasticche'

'Curare non è solo dare pasticche'

Noi siamo già il domani, curare non è solo dare pasticche

Andrea Pinotti
Andrea Pinotti - RIPRODUZIONE RISERVATA

''Cercate il direttore Pinotti? Allora scrivete che è una bravissima persona. Lui mi aiuta tanto''. Un paziente passeggia nel giardino dell'Ospedale psichiatrico giudiziario (Opg) di Castiglione delle Stiviere, noto anche perchè qui vengono curate le madri figlicide. E' ansioso di parlare con i cronisti e ribadisce che Andrea Pinotti, psichiatra e direttore della struttura, ''sa curare davvero''. Il 'segreto' alla base della sua terapia lo rivela Pinotti stesso: ''Qui non si cura soltanto con le pasticche ed i farmaci. La cura è molto altro''.
''Ogni persona qui ha una sua storia ed una sua patologia - spiega all'ANSA, lasciando trasparire l'entusiasmo per un lavoro, quello di psichiatra dirigente di un opg, che è anche una sorta di 'missione' -; bisogna entrare nell'umanità delle persone e fare con loro un percorso''.

Nel caso delle madri figlicide, sottolinea, ''bisogna far prendere loro coscienza del reato commesso, ma in modo graduale e guidato, per prevenire probabili atti di autolesionismo. E' quasi un 'lavoro di cesello'. Lo sforzo è quello di far prendere a queste donne una distanza dal reato commesso, in quanto legato alla malattia, dando però al contempo una prospettiva di vita, una speranza nuova''. Un'impresa non facile, perchè ''le donne figlicide spesso hanno attorno a sè il vuoto e devono affrontare da sole i fantasmi. In vari casi dicono di non avere più una ragione per continuare a vivere''. E' in questo istante, dice Pinotti, che bisogna trovare ''un gancio per 'ancorarle', per riprenderle prima che precipitino nel vuoto, sforzandosi di trovare una motivazione per spingerle a non darsi per vinte''. Parole che rendono quanto mai chiaro un concetto fondamentale, alla base del lavoro che quotidianamente si svolge a Castiglione: ''Curare, qui, non è solo dare farmaci e pasticche. La cura è anche il fondamentale supporto per aiutare la persona a ricostruirsi una vita''.

Un approccio che è anche la ''specificità'' di questo Opg che, con la riforma per il superamento di tali strutture, dal primo aprile 'cambierà pelle' mantenendo però i modelli di eccellenza frutto di anni di esperienza. Dal primo aprile, spiega Pinotti, ''Castiglione, che oggi accoglie 160 pazienti di cui 65 donne, si trasformerà, come previsto dalla legge, in 8 Residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza Rems, per accogliere i pazienti lombardi''. Cosa cambierà rispetto ad oggi? ''Ci saranno reparti più piccoli, per un massimo di 20 posti letto ciascuno, con un aumento del personale, e si toglieranno le sbarre dalle finestre''.

Già oggi, Catiglione è una struttura sanitaria e non carceraria e non c'e' dunque una sorveglianza penitenziaria: ''Faremo degli accordi con la Prefettura per la sicurezza - dice - ma in generale, manterremo il nostro approccio, con tutte le attività interne ed esterne che concorrono all'iter terapeutico dei nostri pazienti''. Il cambiamento riguarderà piuttosto il rapporto col territorio, chiarisce il direttore, ''che sarà rafforzato, dal momento che le Rems sono regionali ed accolgono pazienti di quella regione puntando anche al reinserimento dei pazienti in quel territorio''. Insomma, pronti ad applicare la riforma, ma con una critica di fondo: ''Ciò porterà ad una parcellizzazione, con Le Rems disseminate sul territorio, e non vi saranno più poli di specializzazione per patologie. Ad esempio, avrebbe avuto senso mantenere un unico polo in Italia per la cura delle madri figlicide''. La parcellizzazione, conclude Pinotti, ''rischia cioè di essere una grave perdita delle specializzazioni''.

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'Anche la busta paga per curare le madri figlicide'

'Anche la busta paga per curare le madri figlicide'

Psichiatra, dalla lavanderia al bar, il lavoro è terapia

Stefania Forconi
Stefania Forconi - RIPRODUZIONE RISERVATA

Le sei madri figlicide ospitate nell'Ospedale psichiatrico giudiziario di Castiglione delle Stiviere, così come le altre pazienti nella struttura, ogni mattina si alzano intorno alle 8.00. Poi, ognuna inizia la propria 'giornata lavorativa': chi nelle cucine per preparare i pasti, chi nelle squadre per le pulizie, chi nella lavanderia, chi nella gestione del bar interno. Anche il lavoro, qui a Castiglione, è considerato una terapia. Ed a fine mese ciascuna riceve una busta paga ufficiale, sulla base dell'attività e delle ore lavorate. Un primo passo verso il recupero dell'autostima e dell'autonomia.

''Il lavoro - spiega all'ANSA la psichiatra Stefania Forconi, che cura queste donne - ha un valore di terapia, aiutando a dare un senso alla giornata, scandendo i tempi, ma anche motivando le persone. Queste, come le altre pazienti, ricevono una busta paga a fine mese per le attività che svolgono. Si tratta di un massimo di 400 euro, ma l'importo varia a seconda dell'attività e delle ore lavorate''. Una somma che rappresenta una giusta ricompensa, ''un recupero dell'autostima, ma anche - afferma - un passo verso l'autonomia economica per far fronte a piccole spese personali''. La chiamano 'ergoterapia', appunto la terapia del lavoro, che va ovviamente ad affiancarsi alle cure farmacologiche ed al fondamentale sostegno psicologico.

Le madri figlicide, sottolinea la psichiatra, ''sono infatti donne con una patologia mentale. Va però chiarito che, nella maggioranza dei casi, le donne che commettono tale tipo di reato lo commettono in una fase di patologia psicotica acuta. Ma la fase acuta, con un trattamento appropriato, spesso 'rientra' ed è possibile riacquistare un equilibrio psichico''. Dunque, ''paradossalmente - chiarisce Forconi - è più facile ristabilire l'equilibrio in un soggetto con psicosi acuta anche nell'arco di pochi mesi, come appunto nel caso di queste madri, che in soggetti con patologie e disturbi della personalità cronici''.

Ma si può parlare di vera e propria 'guarigione'?: ''Dipende da cosa intendiamo. In questo casi - chiarisce - per noi guarire vuol dire che la donna è riuscita a raggiungere un equilibrio psichico, ha assunto consapevolezza del proprio disturbo ed è giunta ad una elaborazione del reato commesso''. L'obiettivo, per le madri figlicide, dice la psichiatra, ''è riuscire a riappacificarsi con se stesse, capendo che a commettere il reato è stata 'un'altra sè', la 'sè malata'''.

La maggiore soddisfazione in quanto medico? ''Queste donne cercano un punto di riferimento. La cosa di cui hanno più bisogno è anche parlare, essere ascoltate e, soprattutto, non essere giudicate. Possono rimanere qui a Castiglione per un periodo massimo di 10 anni e poi c'è di solito l'inserimento in comunità. In vari casi, anche una volta dimesse, queste donne continuano a cercarmi, a telefonarmi - dice la dottoressa, che con le pazienti-degenti ha un rapporto stretto, confidenziale -. Questa - risponde sorridendo - è la mia soddisfazione, la mia grande vittoria''.

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Citazione

Franco Basaglia, padre della riforma della psichiatria italiana

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OPG: Ospedali Psichiatrici Giudiziari

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Castiglione delle Stiviere si prepara a 'cambiare pelle'

Ospedale Psichiatrico Giudiziario a Castiglione delle Stiviere
Ospedale Psichiatrico Giudiziario a Castiglione delle Stiviere - RIPRODUZIONE RISERVATA

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Castiglione delle Stiviere, altre immagini

Sala Mensa
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