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Da Casini alla Boldrini, la 'maledizione' dei presidenti della Camera

Da Casini alla Boldrini, la 'maledizione' dei presidenti della Camera

Lo scontro tra il primo inquilino di Montecitorio e il presidente del Consiglio è una regola della seconda Repubblica

06 marzo 2015, 16:50

di Alessandra Chini e Serenella Mattera

ANSACheck

Matteo Renzi e Laura Boldrini © ANSA/EPA

Matteo Renzi e Laura Boldrini © ANSA/EPA
Matteo Renzi e Laura Boldrini © ANSA/EPA

E' quasi una regola della seconda Repubblica. O forse una maledizione di Montecitorio. Il presidente della Camera e il capo del governo sono destinati a sfidarsi fino - in alcuni casi - alla crisi. Lo scontro tra il premier Matteo Renzi e Laura Boldrini è, infatti, solo l'ultimo di una lunga serie. Parole grosse sono volate tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi, Fausto Bertinotti e Romano Prodi. Ma non solo. C'era Irene Pivetti sullo scranno piu' alto dell'Aula quando la 'sua' Lega fece cadere il governo Berlusconi I. E Pier Ferdinando Casini era la terza carica dello Stato quando l'Udc costrinse al rimpasto il secondo governo Berlusconi . Insomma il contrasto tra il presidente del Conisiglio e il primo inquilino di Montecitorio è più o meno una regola che spesso è sfociata anche in crisi di governo causate dal partito di provenienza della terza carica dello Stato. I presidenti del Consiglio sono avvertiti. La regola ha anche la sua eccezione, l'unica: Luciano Violante.

BOLDRINI E L'UOMO SOLO AL COMANDO - Il 21 febbraio partecipando ad una iniziativa delle cooperative dell'agricoltura ad Ancona Laura Boldrini attacca, pur senza citare direttamete il premier: "l'idea di avere un uomo solo al potere, contro tutti e in barba a tutto a me non piace, non mi piace". La presidente critica anche la scelta del governo di non adeguarsi ai pareri del Parlamento sui decreti attuativi del jobs act. Renzi a caldo non commenta ("Un problema suo", si limita a dire) ma la reazione dei vertici del Pd è durissima anche se la minoranza si schiera con la presidente. Pochi giorni dopo stessa dinamica sull'ipotesi che l'esecutivo metta mano a un decreto sulla Rai. A una settimana di distanza in una intervista all''Espresso' Renzi frena sui decreti ma attacca la preisdente: "E' uscita dal suo perimetro istituzionale". A stretto giro la replica della Boldrini: "Difendere l'Aula è il mio primo dovere". E la partita sembra destinata a proseguire.

'CHE FAI, MI CACCI?' - Tutto comincia il 22 aprile 2010, nel corso della direzione nazionale del Pdl, dove si consuma la rottura tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi che portera' alla separazione dei due cofondatori del Pdl, al divorzio dalla maggioranza, alla nascita di Fli. Quel giorno, dalla tribuna, Berlusconi dice all'ex leader di An che se vuol fare dichiarazioni politiche prima deve dimettersi dalla presidenza di Montecitorio. Fini, seduto in prima fila in platea, si alza e agitando il dito urla al premier: ''Che fai, mi cacci?''. Da allora e' stato scontro aperto.

IL 'BRODO' DI PRODI - ''Il progetto del governo e' fallito''. E' il 4 dicembre del 2007 quando il presidente della Camera Fausto Bertinotti recita il de profundis al secondo governo Prodi. Due mesi prima, dopo l'ennesimo voto superato per un soffio dalla maggioranza in Senato, Bertinotti aveva gia' sentenziato: ''Il malato ha preso un brodo''. Sara' poi Clemente Mastella a staccare la spina, ma gia' quel giorno il destino dell'esecutivo appare segnato nelle parole del leader del Prc.

I CONSIGLI DI CASINI - ''Mi hanno chiesto un consiglio. Ma puo' un cieco guidare un altro cieco senza che finiscano tutti e due nel burrone?''. Cosi' Pier Ferdinando Casini, ad aprile del 2005, con ironia, risponde alle domande dei cronisti. Sono le ore in cui l'Udc chiede discontinuita' al Cavaliere, invocando (e poi ottenendo) il Berlusconi-bis. I vertici del partito centrista si riuniscono a piu' riprese nell'ufficio del loro leader a Montecitorio per decidere le sorti della legislatura. Pero' in pubblico Casini evita di entrare nel merito delle questioni politiche.

LA LEGHISTA PIVETTI - ''Bossi venne a chiedermi una copertura politica, ma io gli dissi che non avrei potuto farlo: per il mio ruolo, dovevo solo garantire la continuita' del Parlamento'', ha poi raccontato Irene Pivetti. Giovanissima presidente della Camera, nel 1994, vide il primo governo Berlusconi finire a carte quarantotto sei mesi dopo la sua nascita, per mano del suo partito, la Lega Nord. Nelle ore della crisi si mantenne imparziale, poi abbandono' la Lega.

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