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Riforme, Boschi: Senato non elettivo è un punto chiave. Su Italicum: Prematuro parlare di fiducia

Sull'Italicum: Prematuro parlare di fiducia

Il Senato non elettivo "è un punto chiave della riforma costituzionale": metterlo in discussione vorrebbe dire ridiscutere l'intera riforma e "non si può ricominciare daccapo". Anche il ministro Maria Elena Boschi restringe i margini di manovra sulla riforma costituzionale, pur confermando la disponibilità a un "riapprofondimento". Ma dopo l'apertura del premier a rimettere mano alla composizione del nuovo Senato, la minoranza del Pd continua ad attendere che sia lo stesso Matteo Renzi a fare chiarezza e a sperare che si decida a riaprire un dialogo "vero" sulla riforma del Senato, dopo la blindatura dell'Italicum, per il quale Boschi non esclude la fiducia. Ma intanto i nervi nel partito restano tesi. Pier Luigi Bersani attacca duramente il segretario sulle politiche del lavoro.

"Rancore", lo bolla Debora Serracchiani. Di riforme Renzi torna a parlare in un colloquio con il Washington Post. Rivendica la determinazione nel portare avanti provvedimenti impopolari come il Jobs act, anche a costo di perdere le prossime elezioni. E spiega che dopo aver "trascorso il primo anno di governo a realizzare riforme attese da decenni e decenni, ora il punto vero è costruire un futuro per l'Italia, cambiare davvero il Paese" interrogandosi "sulla visione per i prossimi 20, 30 anni". La 'corsa' a concludere il percorso delle riforme, che sono il necessario ma "non sufficiente" passaggio preliminare, non si può dunque arrestare. Vale, ribadisce il ministro Boschi, anche sulla riforma del Senato: "Non si possono metterne in discussione i capisaldi, perché significherebbe ricominciare daccapo un lavoro portato avanti da oltre un anno".

Tra i capisaldi della riforma il ministro inserisce anche il Senato non elettivo, "perché ad esso sono collegate le funzioni del Senato, gli organi di garanzia". Dunque sembra difficile che la minoranza Pd ottenga la modifica dell'articolo 2 del testo chiesta nel corso dell'assemblea Pd da Bersani, anche perché tecnicamente quell'articolo, spiegano i renziani, non è più modificabile. Ma uno spiraglio anche il ministro lo lascia aperto: "Nelle prossime settimane in commissione al Senato riapprofondiremo il merito". Ed è a questo spiraglio che si affidano soprattutto gli esponenti moderati della minoranza.

"Fa fede quello che dice il presidente del Consiglio e quindi attendiamo da lui una proposta chiara", dice il deputato di Area riformista Matteo Mauri. Con un'apertura vera, spiegano dalla minoranza, Roberto Speranza, che potrebbe incontrare Renzi a inizio settimana, potrebbe ritirare le sue dimissioni da capogruppo. I renziani spiegano che un dialogo si può aprire sulle competenze del Senato e sulla legge per eleggere i nuovi senatori tra i consiglieri regionali. Ma per valutare le proposte, i deputati dem aspettano di vedere le carte. Intanto si prepara il confronto sulla legge elettorale. Il capogruppo vicario Ettore Rosato sta chiamando i membri della commissione Affari costituzionali per sapere se si atterranno alla linea del partito, ma per chi, come Alfredo D'Attorre, ha già presentato emendamenti che intende votare, lunedì sera potrebbe scattare la sostituzione. Altra partita si giocherà poi in Aula, dove c'è chi, come Cesare Damiano, non esclude di votare gli emendamenti di minoranza, ma sul voto finale dichiara che seguirà la linea del gruppo. Mentre c'è chi, dentro Area riformista (una riunione della componente è in programma per mercoledì) vorrebbe seguire il gruppo anche sugli emendamenti.

Ma il nodo in Aula resta la fiducia. Boschi spiega che il governo valuterà a tempo debito ma aggiunge che è uno strumento che si usa su leggi "fondamentali" proprio come la legge elettorale. Ma il capogruppo di Ap Maurizio Lupi invita gli alleati di maggioranza a non usarla. Bersani, intanto, attacca Renzi sul tema del lavoro e sul rischio di una "pericolosa disarticolazione del sistema sociale". "Spiace che Bersani si lasci prendere ancora una volta dal rancore - replica Serracchiani - Ormai è evidente che pur di criticare Renzi si travisa anche la realtà".

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