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Atenei di provenienza e concorsi: il no di 7 studenti su 10

Atenei di provenienza e concorsi: il no di 7 studenti su 10

Indagine di Skuola.net su un campione di circa 500 studenti

03 luglio 2015, 17:59

Redazione ANSA

ANSACheck

Studenti davanti al portone del liceo - ginnasio Ennio Quirino Visconti a Roma in una foto di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

Studenti davanti al portone del liceo - ginnasio Ennio Quirino Visconti a Roma in una foto di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA
Studenti davanti al portone del liceo - ginnasio Ennio Quirino Visconti a Roma in una foto di archivio - RIPRODUZIONE RISERVATA

L’emendamento dell’on. Meloni approvato nel ddl della Pubblica Amministrazione non piace agli studenti: 7 su 10 sono assolutamente contrari a dare tutta questa importanza all’ateneo di provenienza nei concorsi pubblici. Di questi più di 1 su 2 crede che una decisione del genere non faccia altro che aumentare le disparità tra gli studenti. E comunque l’emendamento non influenza in nessun modo le scelte future e passate dell’università in cui studiare per la maggior parte dei casi. È quanto emerge in un’indagine di Skuola.net su un campione di circa 500 studenti.

Il peso dell’ateneo di provenienza nei concorsi, oltre ad alimentare le disparità tra gli studenti come sopra citato, per molti degli intervistati in disaccordo con l’emendamento in questione favorirebbe solamente le università private (23%) e non garantirebbe il diritto allo studio (15%). Tra chi si è posizionato sul no all’emendamento, una percentuale superiore della media è composta da studenti del Sud Italia o delle Isole.

Sono appena 2 su 7 i ragazzi che approvano la scelte dell’on.Meloni: per loro grazie all’emendamento approvato si premia chi ha investito tempo e denaro in percorsi che puntano su formazione e competenze (43%) e si penalizzano tutti quei furbetti che scelgono gli atenei di manica larga (36%). Per 1 su 10 che in accordo con l’emendamento, questa scelta comunque non cambierà molto le cose, tanto i giovani non puntano più tutto sui concorsi pubblici come si faceva una volta.

Comunque l’emendamento non fa cambiare idea sull’università in cui iscriversi a circa 9 diplomati su 10 che sanno già dove farlo, nè ad altri 9 su 10 circa che ancora ci stanno pensando. E nemmeno tornerebbero sui loro passi un altro 90% circa di universitari o laureati. Perché? Tra i neo diplomati che hanno già scelto l’università in cui studieranno nei prossimi anni, vince la convinzione di aver già optato per un ottimo ateneo (45%) così come per chi i suoi studi li ha già completati o per lo meno iniziati (43%). Le basse possibilità economiche influenzano la scelta dell’ateneo da frequentare solo di 1 neo diplomato su 5 che ancora deve scegliere l’università nella quale iscriversi.

“Innanzitutto dalla lettura dell’emendamento proposto emerge che la valutazione del voto minimo di laurea avverrebbe sia con riferimento ai fattori inerenti all’istituzione che lo ha assegnato sia al voto medio di classe omogenee di studenti -afferma a Skuola.net Francesco Ferrante di AlmaLaurea che continua - Una cosa è tuttavia pensare di normalizzazione i voti – anche se si tratta di un’operazione delicata e complessa – altra è dire che le università sono diverse in termini di qualità. I ranking attualmente disponibili sono poco affidabili e discutibili sul piano metodologico. Senza dire che affermare per legge che un’università è migliore di un’altra comporterebbe nei fatti un affievolimento del valore legale del titolo di studio”.

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