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Sequestro 2,3 mln beni a capo ultrà Lazio

Fabrizio Piscitelli è già in carcere per traffico di droga

"Sentirci vivi in un mondo di morti", era la filosofia degli Irriducibili della Lazio secondo Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik, uno dei capi del gruppo ultrà di estrema destra. Ma da quell'intervista del 2000 a un programma tv - e anche prima - Piscitelli non ha fatto solo scontri con le altre tifoserie e con le forze dell'ordine. Tanto che ora la Guardia di Finanza gli ha sequestrato beni per oltre due milioni e 300 mila euro - case, auto, conti bancari, società -, che sarebbero frutto di traffico di droga e di un redditizio merchandising parallelo a quello del club calcistico. Diabolik, 48 anni, è in carcere a Rebibbia dal settembre scorso, arrestato dal Gico delle Fiamme Gialle di Roma con l'accusa di aver organizzato l'import di hascisc dalla Spagna.

Adesso è arrivato il sequestro preventivo disposto dal Tribunale di Roma su richiesta della Direzione distrettuale antimafia.

Perché Piscitelli, secondo l'accusa, in passato - più di 20 anni fa - ha avuto anche rapporti con il boss della camorra trapiantato nella capitale Michele Senese. Ed è stato coinvolto nella tentata scalata alla Lazio di Claudio Lotito con minacce e capitali di dubbia provenienza, con una cordata raccolta intorno all'ex gloria laziale Giorgio Chinaglia. Nel frattempo, per Diabolik, una ridda di violenze allo stadio e fuori. Un curriculum che ha reso legittimo il sequestro, vista la 'pericolosità sociale'.

"Pronto, sono Diabolik...". "E io sono l'ispettore Ginko...", avrebbe risposto secondo la leggenda il presidente biancoceleste a una telefonata del capo ultrà che voleva estorcergli denaro.

Una vicenda del 2005, Lotito gli aveva tolto privilegi di lunga data. L'operazione della Finanza è stata chiamata appunto Ginko, come il poliziotto che nel fumetto dava la caccia a Diabolik. I finanzieri hanno documentato la sproporzione tra i redditi modesti dichiarati da Piscitelli e il tenore di vita della sua famiglia. Usando moglie e figlia come prestanome aveva accumulato nelle proprie mani due ville nel verde a Grottaferrata, zona Castelli Romani, tre automobili, conti bancari, libretti postali e titoli azionari. Insieme ad altri esponenti degli ultrà laziali gestiva inoltre la commercializzazione di gadget degli Irriducibili, divenuto un marchio. In particolare adesivi, felpe e magliette con l'immagine di Mister Enrich, omino con ghigno e bombetta intento a dare un calcio, ispirato a un fumetto inglese. Un simbolo che molti laziali sfoggiano. "E non li compravano certo al Lazio Point del club", sottolinea un investigatore.

Infine c'era un'associazione culturale, anch'essa sequestrata, tra i soci della quale figura Fabrizio Toffolo, altro leader storico degli Irriducibili spesso nei guai con la giustizia, gambizzato nel 2007 e di nuovo nel 2013. Anch'egli coinvolto nella tentata estorsione a Lotito. Personaggi che da anni non vanno più assiduamente in curva Nord per i guai giudiziari, ma che i loro eredi continuano ad omaggiare la domenica con striscioni di solidarietà. 

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