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Ucraina: Poroshenko scoglie la Camera, Kiev denuncia blitz russo

Kiev, "arrestati 10 parà Mosca". Lavrov parla di disinformazione

Il nuovo potere ucraino nato dalla rivolta di Maidan liquida il parlamento sullo sfondo della guerra civile che lacera le regioni orientali russofone del Paese e del clima rovente che oppone Kiev a Mosca malgrado gli spiragli di dialogo diplomatico. Il presidente Petro Poroshenko ha annunciato lo scioglimento della Rada (la Camera) e la convocazione di nuove elezioni politiche il 26 ottobre. In un lungo comunicato dai toni duri, Poroshenko ha invocato una svolta per vincere la guerra e facilitare quell'integrazione nell'Ue che egli vuole.

Ma ha anche rispolverato l'espressione franchista "quinta colonna" per bollare come "traditori" e complici dei "terroristi" una parte dei deputati uscenti. Mentre il suo portavoce, Sviatoslav Tsigolko, ha accusato la maggioranza del parlamento appena giubilato - che nei mesi scorsi ha in buona parte cambiato bandiera, ma che in origine era stato eletto con una prevalenza di sostenitori del deposto presidente 'filo-russo' Viktor Ianukovich - di aver approvato in passato "leggi dittatoriali".

Avvertendo che i responsabili dovranno "risponderne" di fronte al popolo. Sul filo di questa retorica, Kiev denuncia intanto l'ennesimo presunto sconfinamento russo, questa volta una colonna di blindati "camuffati" con insegne separatiste nella citta' portuale meridionale di Mariupol. Mentre Mosca smentisce e annuncia l'invio in settimana di un secondo convoglio umanitario a Lugansk, martoriata roccaforte dei ribelli filorussi insieme a Donetsk, nell'est del Paese.

Ma lo Sbu - l'intelligence ucraina - rilancia: e in serata annuncia l'arresto nella regione di Donetsk di 10 "cittadini russi armati", additati come paracadutisti della 98/ma divisione aviotrasportata di Mosca, di stanza nella Russia centrale: quindi soldati veri e propri. Notizie che aumentano la tensione alla vigilia del probabile incontro - il Cremlino ''non lo esclude'' - tra il presidente russo Vladimir Putin e Poroshenko, a margine del summit di Minsk tra Ue-Ucraina-Unione doganale (Russia-Bielorussia-Kazakhstan). Il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov, in ogni modo, nega ancora una volta ogni coinvolgimento militare di Mosca: "La disinformazione sulla nostra 'invasione' non manca", ironizza.

Il capo della diplomazia di Mosca usa la tribuna di una conferenza stampa per annunciare invece un secondo carico di "aiuti umanitari" a breve, dopo averne già informato le autorità ucraine, nella speranza di una maggiore cooperazione dopo le polemiche per il primo convoglio. Mosca intende continuare a sostenere le popolazioni civili dell'est ucraino, spiega Lavrov, evocando i "crimini di guerra" dell'esercito di Kiev, dopo i bombardamenti degli ultimi giorni sulle città assediate dai governativi e le numerose immagini di obiettivi civili colpiti, e il rischio di "pulizia etnica" della popolazione russofona del Paese. Glissa invece sulle immagini che hanno fatto il giro del mondo dei prigionieri di guerra messi ieri alla berlina dai ribelli a Donetsk: "Ho visto le immagini della sfilata. Non ho trovato nulla che ricordi una umiliazione", assicura.

Kiev e' viceversa sdegnata, ma tiene a precisare che dal suo punto di vista "non si tratta di prigionieri di guerra", bensì di "ostaggi" dei ribelli (che il governo ucraino definisce "terroristi"). Anche gli esperti dibattono se si sia trattato di una violazione o meno della convenzione di Ginevra, come accusa l'ong Hrw, e se eventualmente il crimine e' perseguibile dalla corte penale internazionale. Ma la terribile umiliazione resta. Come restano i morti, da ambo le parti tra i combattenti, con i civili in mezzo uccisi da bombardamenti che ormai non risparmiano piu' ospedali ne' carceri ne' chiese. Poroshenko ha anticipato che vuole parlare di pace a Putin, ma sembra difficile trovare una exit strategy che salvi l'integrità territoriale dell'Ucraina e la possibilità di un compromesso con il leader del Cremlino.

Tanto più in un clima di sospetti reciproci, di accuse incrociate e d'imminente campagna elettorale animata da slogan nazional-patriottici. Per questo nessuno si attende svolte risolutive domani a Minsk.

   

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