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ANSAcom - In collaborazione con Intesa Sanpaolo
"Il primo lavoro di mio marito è stato all'Olivetti, e in quegli anni abbiamo abitato a Torino: essere qui oggi, a vent'anni dalla sua morte, è per me una grande emozione". Lo dice Angela Staude, la moglie di Tiziano Terzani, intervenuta al reading dal celebre libro del marito 'Un indovino mi disse', al grattacielo di Intesa Sanapaolo a Torino. "Già in quegli anni all'Olivetti - ricorda Staude - Tiziano sentiva il desiderio di viaggiare. Diceva di volere andare all'estero, non per vendere macchine da scrivere ma per usarle, per scriverci e farne lo strumento per raccontare il mondo. Riuscì a farsi mandare in Oriente, e trovò un giornale per il quale scrivere". "L'episodio della profezia al centro del libro - sottolinea - fu divertente perché Tiziano non era certo tipo da andare dagli indovini, era un rispettatissimo commentatore e giornalista politico. Ma noi arrivammo a Hong Kong e una amica cinese che avevamo ci disse che andava da un indovino per sentire quando fosse un giorno fortunato per andare al casinò, e ci chiese di accompagnarla. Andammo quasi per gioco, era un quartiere poverissimo. L'indovino rispose alla nostra amica ma poi affermò 'mi interessa quell'uomo', che era Tiziano. Subito gli disse che aveva da poco rischiato di essere ucciso, ed era vero: era stato in Cambogia dove si era salvato per miracolo. Tiziano pensò che lo spavento che aveva avuto avesse lasciato delle cicatrici che in qualche modo l'indovino era riuscito a vedere. Poi arrivò la profezia. Assecondarla - spiega Angeela Staude - è diventata per lui l'occasione per fare un'analisi del mondo orientale, per evidenziare quando Occidente e Oriente siano diversi rispetto al modo in cui ci arrangiamo con il mistero della vita". "Sono molto felice dello spettacolo - sottolinea Angela Staude - perché questo libro parla ancora a tutti: invita a restituire valore ai rapporti umani, e a considerare non solo il concreto ma anche l'immaginario come parte della vita".
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