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'Le mie orecchie parlano', quando la fragilità diventa forza

'Le mie orecchie parlano', quando la fragilità diventa forza

Alessandro Coppola racconta la malattia, al servizio degli altri

NAPOLI, 21 aprile 2024, 15:45

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

Abbattere i modelli di perfezione, accettare le proprie diversità, sdoganare l'argomento delle malattie rare: questi i messaggi del libro "Le mie orecchie parlano" di Alessandro Coppola, un ragazzo affetto dalla Sindrome di Usher 2, una malattia rara che lo ha portato alla sordità e lo porterà alla cecità. È un racconto di come il dolore possa trasformarsi in energia costruttiva e un invito ad affermare la propria unicità contro ogni forma di discriminazione con determinazione e straordinaria forza di volontà.
    Una platea di ogni età si è confrontata generando un dibattito in occasione della presentazione a Napoli del libro; evento che si inserisce tra le attività a latere de "La Casa del Sorriso" di CESVI nel quartiere di San Pietro a Patierno. Una realtà nata nel 2023 in collaborazione con la Cooperativa Il Grillo Parlante Onlus che si occupa di situazioni di marginalità ed esclusione in contesti di vulnerabilità, in particolare bambini e famiglie.
    "La presentazione del libro fa parte di una rassegna di eventi - in collaborazione con l'Assessorato alle Politiche Sociali del Comune - che affrontano tematiche sociali quali disabilità, emarginazione, discriminazione e diversità" dice Renata Molino, project manager CESVI a Napoli.
    Valeria Anatrella, presidente della Cooperativa Il Grillo Parlante Onlus, ha sottolineato l'importanza per la comunità di promuovere storie belle dove emerge una narrazione positiva anche nelle difficoltà, mentre Stefano Piziali, direttore generale di CESVI, ha evidenziato il valore dell'accoglienza nei contesti complessi. Luca Trapanese, assessore alle Politiche Sociali del Comune, ha posto l'accento sull'importanza di aprirsi al dialogo della diversità, per dare la possibilità a chi non conosce queste realtà di comprenderle, e ha aggiunto: "Partiamo dalle nostre imperfezioni e facciamole diventare dei superpoteri".
    Alessandro nel libro racconta la sua infanzia vissuta in un clima amorevole e gioioso avvolto dall'amore della famiglia. Poi arriva il fulmine a ciel sereno: il piccolo sembra non voltarsi quando la maestra lo chiama. Da qui iniziano le indagini, la diagnosi, la condanna: "Ipoacusia neurosensoriale bilaterale di grado medio-grave destra e profonda a sinistra". A soli 4 anni inizia la battaglia contro la sordità, poi la seconda diagnosi nel 2019: una malattia genetica rara visiva degenerativa, che lo porterà alla cecità. Tutto ciò lo fa vivere in modo più intenso, gode di ogni momento e ritrova la bellezza nelle piccole cose.
    Ma nel libro c'è molto di più: un messaggio alla sua generazione, una critica verso quei modelli di perfezione che i social propongono e che spesso non ci rappresentano, facendo sentire le persone e i giovani non all'altezza. Tutti hanno qualcosa di unico e speciale che va raccontato, commenta Alessandro. E ancora racconta della cattiveria gratuita di chi lo bullizzava per la sua disabilità che lo costringe a girare in felpa e cappuccio anche ad agosto, il dolore, le difficoltà nell'affrontare la malattia. Ma anche bellissimi momenti: il ricordo della maestra, un punto di riferimento per lui, perché, come racconta, non lo ha mai fatto sentire "il disabile solo nel banchetto", poi gli amici, la sua famiglia, sua madre: amica, manager e porto sicuro dove rifugiarsi, sempre.
    Nonostante le difficoltà, nessuno è in grado di scalfire la sua forza. Alessandro è solare, estroverso, prende la vita a morsi, viaggia, va all'estero, supera brillantemente gli esami di maturità, è bravo nello sport, nel ballo ed è un anche un modello di campagne pubblicitarie "inclusive" per comunicare a tutti la bellezza dell'imperfezione che è in ognuno di noi.
    Inoltre, con impegno porta avanti la sua missione personale: condividere il suo messaggio nelle scuole, istituiti penitenziari minorili e circoli sportivi. E conclude: "Io non sono arrabbiato con la vita, esserlo vorrebbe dire avercela con i miei genitori che la vita me l'hanno donata, ed è il regalo più grande che qualcuno ti possa fare".
   

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